Ieri ero a pranzo da un’amica che ha una bambina di 5 mesi. Aveva – da una parte – un aspetto raggiante, quale è giusto che sia quello di una neo mamma, dall’altra era devastata dalla stanchezza.

mamme che lavoranoVorrebbe mettere la bambina in un nido ma per le graduatorie attuali se puoi “permetterti” di non avere un posto fisso (lei non è assunta ma fa collaborazioni in qua e in là) significa che puoi stare a casa e non hai bisogno dell’asilo, come se lavorare fosse uno sport e non una necessità. Mi raccontava di criteri per assegnare i posti abbastanza obsoleti (orfani di guerra?), che non tengono conto delle problematiche delle giovani coppie, nelle quali spesso domina la precarietà lavorativa.

E poi mi ha sensibilizzato su questioni che riguardano le mamme che lavorano: piccoli accorgimenti che potrebbero aiutare le giovani famiglie, per evitare che una donna che non ha il “paracadute” formato da nonni, zie, amiche, debba arrivare a rinunciare al lavoro. Spesso c’è l’equivoco di pensare che una mamma che affermi il suo diritto di lavorare sia vista come una donna che voglia fare carriera, magari a discapito della famiglia, quando la realtà è che spesso le donne devono lavorare perchè in un nucleo familiare odierno servono tutti e 2 stipendi.

La mia amica si lamentava dell’assenza di fasciatoi in molti luoghi pubblici, di come si potrebbero aiutare le mamme lavoratrici con delle nursery aziendali, e di come sia difficoltoso muoversi quando hai una carrozzina (parcheggiare distante quando hai un bambino può essere davvero problematico, prendere un autobus follia, passare sui marciapiedi invasi di biciclette legate ai pali o da altri impedimenti, decisamente offlimits).

Alla fine mi ha salutato dicendomi: Elena tu sei una donna, giovane, un giorno magari mamma, se non ci pensi tu a noi, chi lo deve fare? Da chi ci possiamo sentire tutelate?

Io penso sempre di più che Firenze vada cambiata partendo dalle piccole cose…